I cari e vecchi codici a barre che da sempre troviamo stampati sulle confezioni di tutti i prodotti che acquistiamo, dal cartone del latte al computer super-equipaggiato, stanno per andare in pensione. Teorizzati alla fine degli anni ’40, sono divenuti consuetudine negli anni ’70 grazie alla tecnologia di lettura laser e lo sviluppo dei circuiti integrati che permise di diffondere questa tecnologia ed aggregare a quelle barrette nere verticali un gran numero di informazioni, quali prezzo, nome del produttore e identificativo del prodotto, garantendo quindi una tracciabilità mai vista.
Ma allo stato attuale anche questa tecnologia è ormai destinata a salutarci, pronta per essere sostituita da qualcosa di altrettanto familiare ma che ancora non comprendiamo appieno in tutte le sfaccettature.
Stiamo parlando dei QR Code, quadrati bianchi e neri che all’occhio umano sembrano un po’ tutti simili, ma se inquadrati dalle fotocamere dei nostri smartphone rivelano una quantità di informazioni di gran lunga superiore ai codici a barre, ovvero 7089 caratteri (sia lettere che numeri) contro le appena 20 cifre dei codici a barre1.
Anche qui un po’ di storia. I QR Code sono stati inventati nel 1994 da un ingegnere giapponese in forza alla Toyota, si dice osservando la scacchiera del gioco del Go durante una pausa pranzo, per contrassegnare i pezzi prodotti delle auto della compagnia nipponica. Ma per vederli con una certa diffusione si è dovuto attendere l’avvento degli smartphone e in Europa la pandemia da Covid 19 ed i conseguenti Green Pass, NHS COVID-19 nel Regno Unito e menù digitali nei ristoranti (per evitare di maneggiare menù cartacei con conseguente rischio contagio).
Già perchè il Vecchio Continente è assolutamente il fanalino di coda mondiale nell’adozione di questi codici, laddove invece in Cina, India e Africa sono praticamente diffusissimi per ogni tipo di operazione, inclusi soprattutto i pagamenti2.
Nella Repubblica Popolare, che vale il 78% del mercato mondiale dei pagamenti via QR code, ad esempio dal 2013 è attivo il pagamento tramite QR tramite WeChat, basta inquadrare il codice di un ristorante, selezionare il metodo di pagamento, introdurre l’importo e voilà la cifra sarà debitamente trasferita da un conto bancario ad un altro. In Europa, ad eccezione della Danimarca, si prediligono i pagamenti contactless tramite carta (o smartphone), comunque snelli e veloci, ma ugualmente simili al tradizionale modo di pagare, avvicinandosi al bancone, porgendo la merce ad un commesso, confermando il totale e poi pagare.
Nonostante questo i tempi sembrano ormai maturi per vedere dalle nostre parti sempre più QR Code, soprattutto nei negozi della grande distribuzione. Già ad oggi l’80% degli scanner presenti nei negozi italiani è in grado di leggerli, mentre pare che a partire dal 2027 sulle confezioni dei prodotti cominceranno a comparire entrambi (codice a barre a 20 cifre e Qr code), per poi piano piano lasciare lo spazio solo al formato più ricco in termini di dati.
L’adozione sarà su base volontaria ma è comunque chiara la direzione che intraprenderà il mercato: “Il QR code può contenere anche la data di scadenza, lo stabilimento e il lotto di produzione”, ha dichiarato Bruno Aceto, Ceo di GS1 Italy a Il Sole 24 ore. “La catena della Gdo può offrire in promozione i prodotti sotto scadenza senza l’intervento degli addetti, riducendo così anche gli sprechi“. I 7000 e passa caratteri possono fornire informazioni diverse in base a colui che lo scansiona: logistiche agli addetti della grande distribuzione, ma anche nutrizionali, di tracciamento della filiera produttiva e chi più ne ha più ne metta. Nulla vieta alle aziende di essere creative, personalizzare i codici sia nella forma grafica sia nel contenuto, dando vita a campagne di marketing innovative.
Manca ancora qualche anno ma nel frattempo teniamoci pronti. La digitalizzazione massiccia permette di realizzare cose che fino a 10 anni fa erano impensabili, come appunto mandare in pensione un sistema affidabile ma ugualmente limitato nelle informazioni condivisibili quali i codici a barre, in virtù di qualcosa di ancora embrionale ma dalle grandi prospettive. Ogni QR code potenzialmente può essere diverso dal precedente, anche solo di un bit, per cui lo si può connettere ad un sistema a blockchain e tracciare l’intera vita di un prodotto, dalla produzione fino al suo smaltimento. E gran parte di queste informazioni potranno anche essere lette dagli smartphone che abbiamo in tasca, ampliando lo spettro di informazioni a cui i consumatori possono attingere, in un’ottica di democratizzazione dei consumi e trasparenza delle informazioni, per un’innovazione senza precedenti che nel giro di 5 anni potrebbe essere realtà quotidiana.
1 A questa pagina trovate altri benefici più “tecnici” dei QR Code
2 Juniper Research
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